giovedì, luglio 13, 2006

Iperborei: Abari ed Aristea – Hyperboreer, Aristeas, Abaris; Hyperboreans; Hiperbóreos; Hyperboréens, Aristéas.

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Giorgio COLLI: «Sul popolo favoloso degli Iperborei ha attirato l'attenzione Gesner – e sui miti che vi si connettono – sin dal XVIII secolo. Poi Rohde, alla fine del secolo scorso, approfondì il tema della mantica estatica e mise in evidenza le figure di Abari e di Aristea, connesse con gli Iperborei. Oggi infine all'origine iperborea di Apollo si presta sempre più attenzione, in connessione a motivi sciamanici, a capacità divinatorie, magiche, di guarigioni. Si precisa così, secondo questa prospettiva, l'azione di Apollo, come dio della sapienza, anche al di là della sfera della parola e della musica. In Orfeo e Museo, nelle loro figure mitiche di semidei, si sono viste le prime apparizioni concrete di questo impulso sapienziale, attraverso il canto poetico e la parola oracolare: con i personaggi apollinei di natura iperborea si giunge ora alle soglie della documentazione storica, e parallelamente emergono le loro capacità individuali. Con essi la sapienza di Apollo rivela per la prima volta in modo concreto il suo tradursi in individui: la figura del sapiente manifesta i suoi contorni. Poiché questo è il punto che ha maggiore interesse per il mio tema, mi limiterò qui a riportare i frammenti e le testimonianze riguardanti Abari e Aristea. Costoro non sono più semidei, ma uomini, e di essi non interessano – per la tradizione antica – soltanto le parole e la mediata espressione poetica, ma anche, e soprattutto, l'azione magica e le eccezionali doti concesse dal dio. È l'invasamento che li rende capaci di tanto: ecco dunque la follia di Apollo che si vede all'opera. L'estasi apollinea è un uscire fuori di sé: l'anima abbandona il corpo, e rimasta libera va all'esterno. Ciò è testimoniato per Aristea, e della sua anima si dice che volasse. Ad Abari viene invece attribuita la freccia, trasparente simbolo di Apollo, e Platone fa cenno dei suoi incantamenti. Ricordando un altro passo platonico: "in verità Apollo scoprì l'arte del tiro con l'arco e la medicina e la divinazione", si può ricostruire per questi personaggi uno sfondo favoloso, un quadro sciamanico. Tuttavia è lecito pensare che siano vissuti veramente. Il fatto che vengano nominati entrambi da Pindaro, il lungo racconto di Erodoto su Aristea, dove leggende locali risultano vagliate e rimandano verosimilmente a un sostrato storico, e altre notizie abbastanza antiche autorizzano questa ipotesi. Qui per la prima volta fa la sua apparizione, con un disegno ancora esile e incerto, il sapiente greco» (La sapienza greca, I, p. 45-47).

Vedi anche: Pseudo-Longino, Tzetze, Pindaro, Erodoto, Platone, Licurgo, Teopompo.

A. Links in lingua italiana
1 Claudio Mutti: Hyperborea
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B. Links in lingua tedesca
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D. Links in lingua spagnola
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Opere online
A. In lingua originale
TESTI TRADOTTI
B. In traduzione italiana
Erodoto - Storie: libro IV
• Brani su Iperborei, Aristea, Abari:
13) Aristea, un uomo di Proconneso, figlio di Caistrobio, scrisse in un suo poema epico di essere giunto, posseduto da Febo, fino agli Issedoni; a nord degli Issedoni, disse, abitano gli Arimaspi che hanno un occhio solo, più in là dei quali vivono i grifoni custodi dell'oro; oltre i grifoni e fino al mare gli Iperborei. Questi popoli, tranne gli Iperborei, avrebbero premuto sui loro confinanti, a partire dagli Arimaspi: gli Issedoni furono spinti fuori del loro paese dagli Arimaspi, gli Sciti dagli Issedoni, e i Cimmeri, stanziati lungo le coste del mare meridionale, abbandonarono la loro terra scacciati dagli Sciti. Insomma, neppure Aristea è d'accordo con gli Sciti sulla storia di questa regione.
14) Di dov'era nativo Aristea, l'autore di queste notizie, l'ho detto; ora invece riferirò quanto su di lui udivo raccontare a Proconneso e a Cizico. Narrano infatti che Aristea, il quale per nobiltà di natali non era inferiore a nessuno nella sua città, entrò un giorno in una lavanderia di Proconneso e vi morì; il lavandaio chiuse il negozio e si avviò per avvertire i parenti del defunto. Si sparse per la città la voce che Aristea era morto, ma giunse a contraddirla un uomo di Cizico, proveniente da Artace, il quale sosteneva di averlo incontrato che si dirigeva a Cizico e di aver chiacchierato con lui. E mentre costui ribadiva con ostinazione il suo discorso, i parenti del defunto già erano sulla porta della lavanderia con il necessario per rimuovere il cadavere. Aprirono la porta della stanza, ma di Aristea non c'era traccia, né vivo né morto. Sei anni dopo riapparve a Proconneso e vi compose il poema ora intitolato dai Greci Canti arimaspi: dopo averlo composto sparì una seconda volta.
15) Così si racconta in queste due città, ecco invece cosa so essere capitato agli abitanti di Metaponto in Italia, 240 anni dopo la seconda scomparsa di Aristea, secondo quanto ho scoperto con le mie ricerche a Metaponto e a Proconneso. I Metapontini affermano che Aristea in persona apparve nel loro paese, ordinò di edificare un altare ad Apollo e di erigergli accanto una statua con la scritta "Aristea di Proconneso"; spiegò che essi erano gli unici Italioti presso i quali fosse venuto Apollo e che lui stesso lo aveva seguito: ora era Aristea, allora, quando accompagnava il dio, era un corvo. Detto ciò sarebbe scomparso. I Metapontini, a quanto asseriscono, inviarono una delegazione a Delfi per interrogare il dio sul significato di quell'apparizione, e la Pizia li avrebbe esortati a obbedire al fantasma, perché obbedendo si sarebbero trovati meglio. Essi accettarono il responso ed eseguirono quanto prescritto. E oggi proprio accanto al monumento di Apollo si erge una statua intitolata ad Aristea, circondata da piante di alloro; il monumento di Apollo si trova nella piazza. E questo basti sul conto di Aristea.
16) Quanto al paese da cui è partito il mio discorso, nessuno sa con certezza cosa vi sia al suo nord: in effetti non ho mai potuto raccogliere notizie da qualcuno che si dichiarasse testimone oculare di tali contrade. E nemmeno quell'Aristea da me ricordato poco fa, neppure lui affermò nel suo poema di essere andato oltre gli Issedoni: delle regioni ulteriori parlava per sentito dire, e indicava negli Issedoni le sue fonti. Ebbene, quanto noi con certezza siamo stati in grado di apprendere grazie alle nostre fonti, spingendoci avanti il più possibile, ora qui sarà esposto.
32) Degli Iperborei non discorrono né gli Sciti né gli altri abitanti di questo continente, se non gli Issedoni. Ma io credo che anch'essi non dicano niente, altrimenti ne parlerebbero pure gli Sciti, come parlano degli uomini con un occhio solo. Si fa menzione degli Iperborei in Esiodo e anche in Omero, negli Epigoni, ammesso che Omero abbia effettivamente composto tale poema.
33) Le notizie di gran lunga più sostanziose sul conto degli Iperborei le forniscono i Deli: essi affermano che offerte sacre, avvolte in paglia di grano, provenienti dagli Iperborei arrivano nelle mani degli Sciti e dagli Sciti via via passano di gente in gente fino a giungere nel lontanissimo occidente, fino all'Adriatico. Da qui vengono inviate verso sud: i primi Greci a riceverle sono quelli di Dodona, da dove poi scendono al Golfo Maliaco per essere traghettate in Eubea; di città in città giungono a Caristo; Andro viene saltata: i Caristi le recapitano direttamente a Teno, e infine i Teni a Delo. Così dunque arrivano a Delo le sacre offerte, ma in un primo tempo gli Iperborei mandarono a portarle due ragazze, di nome, secondo i Deli, Iperoche e Laodice. Insieme con loro, per proteggerle, gli Iperborei inviarono cinque concittadini come accompagnatori: oggi si chiamano Perferei e a Delo godono di grandi privilegi. Ma poiché i delegati non rientrarono in patria, gli Iperborei, ritenendo grave la possibilità di non più rivedere le persone di volta in volta inviate, portarono le loro offerte ai confini, le consegnarono ai popoli limitrofi avvolte in paglia di grano, pregandoli di farle proseguire ulteriormente. Spedite in tal modo, narrano, le offerte giungono a Delo. Io so di un sistema di offerta molto simile in uso fra le donne della Tracia e della Peonia: quando sacrificano ad Artemide regina, non compiono i riti se non hanno paglia di grano.
34) Che facciano questo lo so. In onore delle vergini degli Iperborei che andarono a Delo e vi morirono si recidono i capelli sia le ragazze sia i ragazzi di Delo: le ragazze si tagliano un ricciolo prima delle nozze, lo avvolgono intorno a un fuso e lo depongono sopra la tomba (la tomba si trova all'interno del santuario di Artemide, sulla sinistra, e sopra vi è cresciuto un olivo); tutti i ragazzi di Delo legano un loro ricciolo intorno a un ciuffo d'erba e lo depongono anch'essi sulla tomba.
35) Tali dunque le onoranze che ricevono dagli abitanti di Delo. Sempre i Deli raccontano che anche Arge e Opi, due vergini iperboree, giunsero a Delo viaggiando attraverso le stesse genti su menzionate e ben prima di Iperoche e Laodice. Ma mentre queste ultime vennero a portare a Ilitia il tributo che gli Iperborei si erano imposto per rendere grazie del rapido parto, Arge e Opi sarebbero venute insieme con le dee in persona; e dicono che a esse altre onoranze furono tributate a Delo: per loro infatti le donne raccolgono denaro invocandone i nomi nel carme composto per l'occasione da Olene di Licia; dalle donne di Delo le isolane e le donne ioniche hanno imparato a celebrare negli inni Opi e Arge e a fare la questua (Olene venne dalla Licia e compose anche gli altri antichi inni che si cantano a Delo); e quando le cosce delle vittime bruciano sull'altare, la cenere residua viene utilizzata per essere sparsa sulla tomba di Opi e di Arge. La tomba si trova nel retro del santuario, verso est, proprio accanto al cenacolo dei Cei.
36) E questo sia sufficiente sul conto degli Iperborei. Né sto qui a raccontare la storia di Abari, il quale si dice fosse un Iperboreo, che avrebbe portato la sua freccia in giro per il mondo senza mai toccare cibo. Se esistono degli uomini iperboreali allora esistono anche gli iperaustrali. Rido quando vedo che molti hanno disegnato la mappa della terra, ma che nessuno ne ha dato una spiegazione ragionevole: raffigurano un Oceano che scorre intorno alla terra, tonda come se l'avessero fatta col compasso, e disegnano l'Asia grande come l'Europa. Ora in poche parole spiegherò io quanto è vasto ciascun continente e quali contorni presenta.

C. In traduzione tedesca
D. In traduzione inglese
E. In traduzione spagnola
F. In traduzione francese

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